I Hate Suzie è una serie brillante, profonda, travolgente, pungente ed estremamente sensata e radicata nel nostro tempo. Sbilanciamoci: una delle migliori produzioni seriali del 2020.
(E infatti la domanda è: ma perché non ne sta parlando tutto il mondo???).
Il tema centrale della serie è – purtroppo – di grande attualità: parliamo di quello che è conosciuto come revenge porn ma che sarebbe molto più corretto chiamare condivisione illecita, non consensuale, di materiale intimo.
La protagonista è Suzie Pickles, una celebrity inglese sui 30-e-qualcosa anni – ex popstar bambina, ora attrice acclamata dai fan per un ruolo in una serie sci-fi di culto, con una carriera in fase di stallo – la cui vita viene sconvolta da una di quelle notizie che nessuno sarà mai pronto a ricevere o gestire: il suo telefono è stato hackerata e delle foto compromettenti che la ritraggono in un momento privato sono state diffuse pubblicamente nell’internet e gettate in pasto alla massa.
Questo evento scatenante produce un vortice di conseguenze che si riverberano su tutte le vite annodate a quella di Suzie.

Qualsiasi altro dettaglio spoilererebbe la trama e sarebbe uno sgarbo imperdonabile: questa serie merita di essere gustata a digiuno, assaporandone ogni episodio.
Si compone di otto episodi totali e ognuno porta come titolo uno degli otto stati emotivi che Suzie attraversa durante l’elaborazione dell’esperienza. Il montaggio è a tratti lineare e a tratti caotico fino a sfiorare il nonsense e la narrazione è imprevedibile: ogni episodio sembra diretto da una regia diversa e concepito all’interno della mente stessa dei personaggi principali.
I Hate Suzie ha la rara capacità di rappresentare la complessità di una situazione, della vita e delle relazioni umane. Quella complessità che ti mette di fronte al casino e al disagio della vita e fa in modo che tu non sappia mai da che parte stare perché, in fondo, nessuna persona agisce solo bene o solo male.
Non mancano i riferimenti al MeToo e alla disparità di genere, in particolare alla differenza di trattamento riservato alla condotta sessuale maschile e femminile da parte della società, ma non si scivola mai in inutili pietismi, vittimismi e polarizzazioni.
(In questo abbiamo ritrovato delle similitudini con The Morning Show, altra serie capolavoro, un prodotto completamente diverso ma in grado di rappresentare magistralmente la tridimensionalità delle persone e dei fatti, questa volta a partire da un abuso che sfrutta le logiche di potere di un ambiente lavorativo competitivo).

I Hate Suzie ci ha fatto sorridere, ridere, amareggiare, scuotere la testa e riflettere sull’innata capacità dell’essere umano di autosabotarsi e costringersi a seguire percorsi tracciati dal senso del dovere (familiare-lavorativo-sociale) e dall’ansia da prestazione invece che da quello del piacere e dal proprio sentire.
Ci ha lasciato con un senso di incompiutezza per una fine poco “finita”, ma in fondo la vita è un flusso di eventi che si susseguono e si compenetrano, dove non c’è mai un chiaro inizio e una chiara fine.
Infine, i dettagli didascalici:
I Hate Suzie è una dramedy o tragicomedy, insomma una serie drammatica dove si ride anche, ma sempre con un retrogusto amaro e mai spegnendo il cervello. È una serie di produzione inglese che ha debuttato in Inghilterra su Sky Atlantic e Now TV ad agosto 2020 e, più tardi, in America, su HBO Max. Suzie è Billie Piper, “quella di” Doctor Who (Rose Tyler) e di Diario di una squillo perbene (Belle).