Prima di incontrare Valentine a.k.a. Fluida Wolf tutto quello che sapevo di lei erano 3 aggettivi che ogni persona che me ne avesse parlato aveva usato per descriverla: bellissima, dolcissima, carinissima.
Oggi sono io che li uso per parlare di lei a chi non la conosce.
Come al nostro solito, io e I’M the Ph abbiamo fatto irruzione nella sua vita palesandoci a casa sua per presentarci e proporle l’intervista di persona. Ricordo bene la prima chiacchierata: mi sono sentita una novellina mentre lei sfoderava termini come post-porno, pornoterrorismo o transfemminismo, così inusuali nel mio confettato mondo en rose.
Nonostante i miei sguardi interrogativi e l’invasione di campo (ci siamo piantati a casa sua mentre si cucinava la pasta e faceva pranzo al volo tra un impegno e l’altro; probabilmente ci siamo anche fatti offrire un caffè per non rischiare di fare un’impressione troppo buona) lei ci ha dato via libera per intervistarla nuda.
Il ricordo immediatamente successivo è quello di lei, sorridente, la mattina dell’intervista, che ci apre la porta di casa già nuda.
Se googlate il suo nome effettivamente vi imbattete in termini che per i non addetti ai lavori suonano spaventosamente reboanti, agguerriti e minacciosi. In realtà tutti quei paroloni non parlano nient’altro che il linguaggio della libertà sconfinata: quella di espressione, di scelta e di sperimentazione di una sessualità al di fuori di ogni gabbia culturale/sociale/religiosa.
Sono parole che hanno bisogno di potenza linguistica per penetrare lo strato mentale di preconcetti, stigma e stereotipi che farciscono il dialogo comune sulla sessualità e sul piacere, e per abbattere tutte le barriere di genere, orientamento, classe, origine, proponendo un modello di sessualità più egualitario e meno stereotipato.
Con il sorriso sempre in volto, l’attivismo che scorre nelle vene e l’apertura mentale di chi vive il mondo e le persone senza pregiudizio alcuno, Valentine a.k.a. Fluida Wolf si batte per la libera circolazione del piacere di tutt* e per il compimento di un risveglio sessuale.
È riconosciuta come quella che porta in giro per l’Italia e per l’Europa il workshop sullo squirting Eiaculazione per fiche con l’obiettivo di far acquisire alle donne una consapevolezza del proprio corpo e della propria sessualità che per lungo tempo le è stata negata.
Oltre a questo, con il suo lavoro di traduttrice, ha portato in Italia testi fondamentali nella conversazione intorno alla libertà sessuale come Fica Potens di Diana J. Torres – Pornoterrorista – edito da Golena, o Guida al piacere anale per lei di Tristan Taormino, edito da Odoya.
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Chi è Valentine aka Fluida Wolf?
Principalmente è la versione drag bitch di me, quella più performativa, con un amore per il trash, una posizione femminista e un’espressione del femminismo in chiave sex positive, body positive, pro-sex. Mi occupo di tematiche sessuali (ma non solo) e cerco di abbattere i tabù, di combattere l’immaginario sessuale mainstream, fare tabula rasa di tutti i miti e gli stigma inerenti la sessualità e proporre nuovi immaginari sessuali.
Googlando il tuo nome escono fuori parole come transfemminismo e post-porno delle quali la maggior parte delle persone non ha mai sentito parlare. Mi racconti il contesto in cui si collocano e come le interpreti tu?
Come per tutto quello che faccio parto da me, però non sono sola, seguo un mio percorso personale che ho condiviso in maniera particolare con altre persone.
Mi definisco una femminista nel senso che credo nella liberazione di tutte e tutti i soggetti globalmente, da un’ottica transfemminista, ovvero che mette in discussione il privilegio. È innegabile che io faccia parte di una parte privilegiata del mondo: la parte eurobianca. Penso che la vera liberazione possa avvenire solo se implica l’alleanza con tutte le altre persone e i soggetti oppressi dal capitale. Quindi, ad esempio, alleanza con i migranti, con soggettività GLBTQ. Parto anche da un discorso di lotta di classe, che è un po’ il mio background.
Il post-porno è un fenomeno che ho conosciuto soprattutto nella veste che ha preso a Barcellona nella scorsa decade, dove troviamo nomi come Beatriz Preciado, Diana Pornoterrorista, Maria Llopis, le Post-Op, Slavina e tutta una serie di nomi importanti che magari mi sto scordando in questo momento. Permette di vedere come si può manifestare a livello pratico la teoria queer. Soprattutto si occupa di combattere gli immaginari della pornografia mainstream, la sua visione molto maschilista, machista, e la proposizione di corpi normativi: c’è solo un certo tipo di corpo che viene considerato eccitante; ci sono solo alcune pratiche che vengono suggerite, divulgate e imposte.
Si tratta di smantellare questa visione che permea tutta la nostra società e la cultura e proporre un’altra serie di risvegli sessuali. Si tratta di disimparare tutto quello che ci hanno inculcato rispetto al desiderio e alla sessualità, e imparare nuovamente a partire da noi stessi e noi stesse e da nuove contaminazioni; di creare dentro di noi nuovi risvegli, che possono essere molteplici, perché infiniti, perché incatalogabili.
Risveglio sessuale mi piace! Questa roba di aggiungere pro-sex dopo femminismo invece… Probabilmente è l’altro tipo di femminismo che non dovrebbe chiamarsi femminismo.
Sì, guarda, io ho utilizzato pro-sex anche se non è una terminologia che amo molto. Penso che all’interno del femminismo ci siano tante lotte intestine, storicamente e anche in questo momento. Oggi le tematiche su cui non si riesce a trovare un accordo, sulle quali ci si scanna di più, sono quelle della prostituzione, della pornografia, della GPA – la Gestazione Per Altri [anche conosciuta come ‘utero in affitto’] e dell’inclusione transex, delle persone transessuali negli ambiti separati, definiti di sole donne. C’è un dibattito in corso che è anche molto acceso, aspro. Come dice anche Diana Torres, penso che a forza di stare a dibattere così tanto, di scannarci tra di noi, ci dimentichiamo il vero nemico e perdiamo un po’ di forza.
Quando nasce Valentine aka Fluida Wolf?
Non saprei dirlo perché è stato un percorso graduale, lento, fatto di meandri. Io ho iniziato tardi a pormi certe questioni, probabilmente quando sono arrivata all’università, a Torino. Ho iniziato a frequentare gli ambiti di movimento ma sentivo che mi mancava una parte che ancora non avevo capito bene quale fosse. Col tempo ho capito essere quella legata alle tematiche di genere e all’antisessismo militante. Mi sentivo un po’ sola, soprattutto rispetto ad alcune mie visioni che avevo rispetto alla sessualità, all’immaginario sessuale e alla resa dell’immaginario sessuale, alla sua comunicazione. Parlo di quando avevo 21 anni, adesso ne ho 34. Ho iniziato a cercare soggetti con i quali creare, interagire, e a frequentare collettivi di genere, femministi, quasi mai in maniera separata ma sempre cercando di fare cadere tutto nell’ambiente misto. Per anni ho ascoltato, ho girato per i festival, ho iniziato a tessere relazioni con persone di altre città, mi spostavo tanto, soprattutto tra Roma e Barcellona. Ho conosciuto persone interessantissime che mi hanno fatto capire di non essere sola, e mi sono riconosciuta in questo clima, nei libri che leggevo. Per me è stato particolarmente fondamentale Devenir perra (Diventare cagna) di Itziar Ziga, in cui si parla molto della costruzione performativa di una femminilità parodica, trashona, che si rifà attraverso i detriti del capitalismo per diventare un’iperfemminilità. Insieme ad altre traduttrici militanti ho tradotto questo testo, che penso sia uno dei miei preferiti in assoluto, per la Golena Malatempora.
A un certo punto ho cominciato a lavorare in maniera più stretta con Diana Torres sulla tematica dell’eiaculazione femminile, a tradurre il suo workshop, a collaborare durante i suoi tour e le presentazioni. Ho cominciato a collaborare con la Golena Malatempora per tradurre libri che nascevano in seno all’ambiente anarco-punk-queer-postporno barcellonese. Poi finalmente sono approdata a quello che sentivo proprio essere un mio collettivo sulle tematiche di genere, nel quale mi sentivo al mio posto, che si chiamava Sguardi sui Generis e che abbiamo messo su quando facevo l’università. A un certo punto sono stata invitata da alcune realtà a parlare, a fare delle proposte sulla base del mio pregresso. Spostandomi tanto, la gente iniziava a conoscermi, ero presente in tutte le manifestazioni, in tutte le assemblee, e hanno iniziato a chiedermi alcuni interventi, soprattutto rispetto alla sessualità.
Sono sincera, il nome Fluida Wolf è nato da un’esigenza pragmatica. A me piace anche il mondo dell’insegnamento e dell’educativa, ma l’Italia è un paese dove se ti occupi di sessualità non sei considerata una buona educatrice, perché ‘chissà come puoi deviare i ragazzini’. Quindi in un’epoca in cui ogni cosa che fai viene indicizzata e sei googlabile, ho pensato di trovarmi un soprannome in cui potessi identificarmi e di tenere il mio cognome per me. È una cosa che da un lato mi piace perché Fluida Wolf mi rappresenta molto e mi permette anche di esprimere una parte di me. Fluida per il fatto che per anni, e ancora adesso, mi sono occupata del rapporto che le società occidentali hanno con i fluidi corporei, in particolare con l’eiaculazione femminile; Wolf per esprimere l’anima più licantropa del mio essere femminista, donna e persona. Se dovessi datarlo lo daterei nel 2012, 2013, quando feci i miei primi workshop da sola, a Palermo. Da lì ho iniziato a sviluppare un mio discorso – che però non è solo mio, perché da sole non si va da nessuna parte, ad avere una visione sulla sessualità e sulle tematiche di genere che a quanto pare poteva essere condivisa, condivisibile, e interessante. Ho iniziato a tradurre dei libri su queste tematiche e ad avviare delle collaborazioni con case editrici presentando e portando in giro i libri che proponevano; ho cominciato a tenere i miei workshop, a partecipare a festival, a fare incursioni in performance di qualche amica, a organizzare dibattiti. E poi sono arrivate le interviste.
Questo è un po’ il mio percorso, che ancora non ho capito bene quale sia, e quando molte persone mi incontrano e mi chiedono “ma tu come sei arrivata a questo?” io non so rispondere perché è stato tutto molto naturale, graduale. Io non arrivo mai, non so neanche dove voglia arrivare, seguo il mio percorso, giro e rigiro, vado e vedo cosa succede. Mi faccio contaminare, mi faccio prendere dagli entusiasmi dei momenti, dalle fasi.
In Italia sei considerata una delle massime esperte di eiaculazione femminile…
Pensa come siamo messi!
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Iniziamo dalle basi: squirting e eiaculazione femminile sono la stessa cosa?
Allora, decostruiamo subito la categoria di esperta di qualcosa. Io non sono esperta di niente, posso essermi concentrata su alcune questioni, posso divulgarle in giro e più che altro la mia è una facilità di parlare di sessualità come parlo di quello che ho mangiato ieri, ad esempio, però demitizzerei questa cosa. Quello che dico sempre è che io parto dal mio corpo, da quello che mi raccontano le altre persone, dai workshop che sono sempre uno scambio, e parto anche da delle ricerche, in questo caso soprattutto quelle che ha fatto Diana Torres detta Pornoterrorista nell’ambito dell’eiaculazione. Non sono una sessuologa, non sono un’endocrinologa, non sono un medico, quindi in determinate cose ci entro fino a un certo punto.
Posso dire che io preferisco il termine eiaculazione, che alcuni studi stanno parlando di eiaculazione e squirting come di due fenomeni differenti, ma in realtà andando a vedere le ricerche su cui questi studi si basano è tutto molto in forse. È una capacità tanto occulta e tanto bastarda che forse non si riuscirà mai a capire veramente in tutto e per tutto. Ti faccio un esempio breve per farti capire il mio punto di vista sulla questione. Ho la mia pagina ufficiale su Facebook, Valentine aka Fluida Wolf, dove mi scrivono soprattutto uomini chiedendomi “potresti insegnarmi come fare squiratre la mia ragazza?”. Io dico no, perché innanzitutto magari dovresti parlarne tu con la tua ragazza, vedere se è una cosa che lei ha voglia di provare, se è interessata. Ormai si è creato questo pressing intorno all’eiaculazione delle donne che sembra che ti manchi qualcosa se non eiaculi, se non squirti. O, d’altro canto, se eiaculi o squirti sei una sorta di vixen, hai una sessualità estrema, sei impossessata da qualcosa. Alcune si sentono delle elette. Io faccio tabula rasa di tutte queste cose. La cosa è molto più semplice: abbiamo una prostata anche noi, che a quanto pare si riempie di liquido quando siamo eccitate. Spesso succede che questo liquido, se non si contrae, venga rilasciato, non per forza in maniera legata all’orgasmo. Tornando al discorso di insegnare ‘la tecnica’, esiste una mera tecnica per stimolare la prostata, questo tessuto spugnoso, ghiandolare, che probabilmente è responsabile della fuoriuscita di questo liquido. È un po’ la tecnica del ‘vieni vieni’ (gesto mimato con le dita), di andare dietro all’osso pubico, e provare a trovare questa zona rugosa e spugnosa. Detto questo, il discorso che faccio io è un discorso politico, culturale, sociale, ovvero che mira a chiedersi perché per anni questa parte del nostro corpo, questo fenomeno, siano stati silenziati, occultati, cancellati. In che modo la medicina e la cultura occidentale eteropatriarcale hanno sempre trattato il corpo femminile? Uso questa espressione ‘il corpo femminile’, ‘il corpo delle donne’, come categoria politica, ovvero culturale, socialmente e culturalmente oppressa dal sistema patriarcale che si è sempre basato sul binarismo di genere uomo/donna, dove la donna è considerata tale in base a un tipo di genitale e tutti gli studi hanno preso in considerazione solo quello che si riferisce alla riproduzione [la vagina]. Tutto quello che ha a che fare con il piacere, vedi la clitoride ecc., è secondario. Quindi io vado a smantellare, a far vedere come funzionano questi meccanismi, per riappropriarci, soprattutto a livello mentale, di una parte del nostro corpo che è stata ingiustamente silenziata e occultata.
Come dice Diana, è una sorta di hackeraggio, di riprogrammazione del nostro corpo. L’importante per me è questo, riappropriaci di una parte di noi stesse, poi possiamo decidere cosa farne.
Perché hai deciso di approfondire proprio l’eiaculazione femminile?
C’è un motivo. Quando avevo intorno ai 24/25 anni leggevo un blog che si chiamava Fastidio.noblogs, dove c’era una serie di articoli che ovviamente non trovavo in altri blog italiani, sulla sessualità ma anche su quelle che un tempo potevano essere catalogate come parafilie o altre questioni simili. Potevi leggere gli articoli e indicare il livello di fastidio che ti provocavano, da 1 a 5. In un articolo si parlava di personaggi quali Annie Sprinkle, che è un po’ la dea del post-porno, quella che per prima ha utilizzato questa definizione per definire quello che lei faceva smantellando il porno mainstream dall’interno. Lei ha reso visibile lo squirting reale e ne ha dato una lettura femminista, sex positive, body positive, quando queste terminologie non esistevano ancora. Ho letto articoli in cui si parlava anche di squirting, a quel tempo era definito così, e si parlava ancora di punto G o di ghiandole di Skene, che è un altro nome con cui sono state chiamate le ghiandole parauretrali. Li leggevo con quello che era il mio partner dell’epoca e un giorno lui mi masturbò in un punto diverso dal solito, non so se sulla suggestione di quello che avevamo letto insieme. All’inizio mi diede quasi fastidio, poi ripensandoci forse mi piaceva, poi mi dava fastidio, mi piaceva. Alla fine mi piaceva, gli ho detto di continuare. Io avevo letto che uno degli indici che potevano segnalare che il corpo stava per produrre un’eiaculazione, un liquido, era la sensazione simile a quella di dover fare la pipì, e io ce l’avevo avuta un miliardo di volte, un miliardo. Poi si accennava al fatto, su cui non mi ero mai concentrata, che spesso tendiamo a contrarre nel momento di massimo piacere, quando invece possiamo provare a rilasciare. Quella volta ho pensato ‘ok, vaffanculo, questa sensazione di pipì invece di trattenerla la lascio andare, provo a non controllare’, e c’è stato il primo zampillo. Da lì ho voluto capire meglio perché non si sapeva bene cosa succedeva nel corpo, perché non se ne parlava, perché nel porno vedevo questi getti che manco le cascate del Niagara. Erano reali? Non erano reali? E soprattutto: perché noi donne occidentali tendevamo a contrarre nel momento della massima eccitazione?
Non pensavo che fosse possibile intervenire culturalmente e socialmente sull’orgasmo, che un fenomeno così libero, un’espressione di piacere spontaneo, fosse soggetto a delle sovrastrutture culturali che mi portassero a contrarre la muscolatura invece di rilassarla. Ovviamente non sto parlando delle contrazioni involontarie ma di quelle volontarie. Quindi dovevo capire, però trovavo ben poco, quasi nulla, finché venni a conoscenza, durante un laboratorio sulla post-pornografia che Slavina fece a Torino, di Diana Torres Pornoterrorista che stava facendo queste ricerche. Quando poi la conobbi durante la Ladyfest Roma del 2011 capii che lei era molto più avanti di me rispetto alle ricerche, quindi iniziai a collaborare con lei.
Come si combinano gli aspetti fisico e psicologico? Le due cose si possono scollegare?
Io sono partita da un punto di vista, più che fisico e psicologico, direi culturale e politico. Come dice Diana, il piacere femminile è sempre stato considerato un piacere discreto, interno, non esclusivo, che non sporca, intimo. Nel momento in cui tu affermi che anche il piacere cosiddetto femminile può essere esplosivo, può sporcare, può spruzzare, può produrre liquido, stai affermando una sorta di pari dignità del tuo piacere, che è stato descritto con questi aggettivi proprio per metterlo in secondo piano rispetto al piacere maschile. Non dovrebbe neanche esistere questa sorta di gara. Però visibilizzare che anche il nostro piacere può essere non intimo, non riservato, non discreto, è una cosa secondo me molto forte da un punto di vista culturale, sociale, politico, a livello di rottura degli immaginari, degli stereotipi, degli stigma e dei tabù.
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Oggi le donne sanno che possono eiaculare? Qualcuna vive gran parte delle vita sessuale, passando magari attraverso gravidanze, senza neanche mai raggiungere un orgasmo.
Penso che sia ancora prioritario lavorare sull’orgasmo piuttosto che sul discorso dell’eiaculazione, cioè secondo me è importante sapere di questa possibilità che abbiamo ma che comunque è slegata dall’orgasmo e quindi per alcune può essere particolarmente piacevole, per altre può essere quasi indifferente tutta la questione di eiaculare. Quindi io direi che non eiaculando non per forza ti perdi un piacere siderale. Mentre sul discorso del proprio orgasmo, io penso che tutte abbiamo diritto al nostro orgasmo che è stato fin troppo silenziato. Ci è sempre stato consegnato un immaginario di film molto penetrativo, e invece ci sono tantissimi modi di poter esplorarci e darci piacere, quindi sì, penso ci sia ancora molto da lavorare su questo livello. E il discorso che io faccio sulla scoperta del nostro corpo, sull’essere noi stesse artefici dei nostri saperi attraverso la condivisione, riguarda molto anche la questione del piacere e dell’orgasmo.
L’eiaculazione è quella che si vede nella pornografia?
Dipende, a volte sì a volte no. Ci sono altri espedienti.
La spettacolarizzazione degli ultimi tempi, sdoganata dalla pornografia, da un lato probabilmente ha contribuito a sdoganare un po’ il fenomeno dell’eiaculazione e la sessualità femminile. Dall’altro può aver creato delle pressioni a livello psicologico nei confronti delle donne?
Certo. Sicuramente nel porno mainstream è stato sempre raffigurato molto spesso in maniera parodica, quasi circense, e questo ha creato una sorta di frustrazione.
Io dico sempre che può essere non solo quello a fontana ma anche quello che chiamo a pozza. È anche vero che molte persone a forza di esercitarsi ed esercitare la muscolatura possono comunque fare dei fiotti, dei geyser non indifferenti, questo è verissimo, c’è questa possibilità, si può arrivare fino a un litro e mezzo di produzione si dice. E poi la nostra prostata tende a riempirsi molto velocemente e quindi a potersi risvuotare, e ha una capacità, ripeto, abbastanza grossa. Quindi di per sè la capacità c’è, è anche vero che ormai ci sono un sacco di espedienti nel porno mainstream per simularlo. Quello che dico sempre è che se vogliamo prendere spunto da quello che vediamo, se ci piace, va bene ma dobbiamo poi concentrarci sullo scoprire veramente quello che ci da piacere. E comunque io rispetto a fare questi workshop mi sono spesso chiesta se stessi contribuendo a creare un po’ questo discorso per cui qua tocca squirtare, tocca eiaculare a tutti i costi. La frase che dico sempre quando inizio i miei workshop è: il fine di questo workshop non è creare un esercito di soldatesse squirtanti. Il fine di questo workshop è recuperare una parte del nostro corpo occultata per secoli dalla medicina, soprattutto occidentale, per vari motivi che vado ad illustrare, recuperarla a livello della nostra mappa mentale, poi decidere se provare a farci qualcosa oppure no. Ho avuto diversi dubbi anche perché io dico delle cose sapendo che possono anche essere sbagliate in un certo senso, da un punto di vista meramente scientifico, dal momento che navighiamo nell’oscurità. Ma mi sembra che tutti gli addetti al settore che a volte si propongono come detentori di un sapere rispetto a questo fenomeno ne parlino in maniera molto approssimativa dicendo ‘è solo pipì diluita’, ‘esce da qua, esce da là’. Poi fai una fatica immensa per guardare le ricerche su cui si basano e vedi che i campioni sono veramente pochissimi, che loro non sanno bene che campione esattamente abbiano preso. Molte persone che si occupano di sessuologia parlano di ghiandole ma non seno endocrinologi. Quindi, insomma, io mi sono presa uno spazio in cui parlo di questa questione, ma dico sempre che un giorno si potrà arrivare con statistiche, studi che magari confuteranno tutto quello che io ho detto finora. In realtà a me di quello che dico interessa la parte che riguarda la nostra liberazione, la vendetta rispetto a quello che ci è stato occultato. Il mio è un punto di vista culturale e politico, per smontare i tabù. Poi capire esattamente quale sia il punto da dove esce… io posso provare a fare i miei studi, ma non è tanto quello il mio compito. Posso fare delle ipotesi su quello che studio, leggo e guardo ma posso anche sbagliarmi, come d’altronde si sono sbagliati per anni tutti quelli che in teoria dovevano essere i detentori di questo sapere o hanno deciso di essere detentori. E il maschile plurale è voluto in questo caso: i detentori del sapere sul piacere femminile. Hanno sbagliato anche loro per anni.
Vedi il mito del punto G…
Il mito del punto G. Poi tanti di questi medici, soprattutto uomini, dottori, che hanno studiato il nostro corpo, hanno pensato bene di ficcare i loro nomi: le ghiandole di Skene, le ghiandole di Bartolino, il punto G che deriva dal cognome Gräfenberg, le tube di Falloppio, eccetera. Come dice Diana Torres, sembra ci sia stato quasi un tentativo di colonizzazione della nostra vagina e che ci sia una sauna gay nella nostra fica. Mi piace molto questa espressione che usa.
Quanto l’eiaculazione ha a che fare con il piacere e con l’orgasmo? Coincide con un momento di massimo piacere?
Può coincidere oppure no, è soggettivo. Può essere prima, durante, dopo. Può essere molto piacevole, perché può piacere fisicamente oppure per il fatto stesso di riuscirci. Per esempio per me è molto piacevole, ma più che sentire un piacere fisico, si tratta quasi di un piacere più psicologico. Questo liquido che sente il bisogno di uscire, è una sorta di liberazione.
Sì, lo trovo molto liberatorio, esattamente. Ricordo anche una cosa: che comunque l’eiaculazione o lo squirting – poi gli addetti ai lavori se mai faranno più chiarezza sul fatto se questi due fenomeni siano o no differenti – non avviene per forza per stimolazione diretta della prostata. In ogni caso la nostra prostata si riempie e produce del liquido, quindi ad esempio si può tranquillamente far uscire questo liquido anche tramite una stimolazione clitoridea. Poi ripeto, se si va a toccare questo punto, per alcune può anche essere non così piacevole, non un piacere siderale. Sembra banale ma a volte dico questa cosa: se mai mi chiedessero di scegliere tra l’orgasmo e l’eiaculare – è un gioco stupido, lo so, però serve molto – io non avrei dubbi: in trenta secondi ti dico lasciami l’orgasmo. E confrontandomi con altre persone che squirtano, più o meno la risposta è stata la stessa.
Tu porti in giro per l’Europa questo workshop sull’eiaculazione: cosa succede durante?
C’è una prima parte teorica aperta a chiunque, in cui si visiona questo power point basato sul libro Fica Potens di Diana Torres detta Pornoterrorista, che prende proprio le mosse da un suo workshop, in cui facciamo questo viaggio riguardo al piacere femminile e a com’è stato studiato, occultato, cosa avviene anche in altre culture, cosa si diceva di questo fenomeno in altri tempi e cosa si dice di questo fenomeno in altre parti del mondo, eccetera. Poi c’è una parte pratica, quella che definiamo solo per portatori o portatrici di fica, in cui sostanzialmente quello che propongo è un’autoesplorazione, ovvero semplicemente individuare dove si trova la nostra prostata, sentire com’è fatta, sentire come stimolarla in vari punti. Poi io porto i miei guantini di lattice, il lubrificante, chiedo se qualcuna vuole una mano in senso biblico e, nel caso, in maniera molto tranquilla, aiuto a individuare il punto. Questo è un po’ quello che succede, poi ovviamente c’è uno spazio dedicato ai racconti, alle riflessioni, ai feedback. Anche dopo la parte teorica c’è sempre uno spazio di domande.
Sono timorosi quelli che frequentano il workshop?
Dipende. Non è semplice, io lo capisco, infatti sono sempre molto grata quando si crea questo clima di fiducia che mi viene accordata e concessa, di mettersi a nudo in una situazione che non è particolarmente eccitante ma quasi più ginecologica. O comunque un mettersi a nudo con persone che non si conoscono: so che non fa tanto parte delle nostre pratiche quotidiane, soprattutto qua in Italia, quindi io capisco questa fatica e ringrazio sempre. Molte/molti mi dicono che all’inizio magari c’è un po’ di timore, ma che riesco a rendere l’ambiente piuttosto confortevole, anche perché io cerco sempre di buttarla sullo scherzo, sulla risata, di allentare la tensione. Penso sia molto importante avere un approccio anche un po’ caciarone, in un certo senso, per sdrammatizzare. E poi io per prima mi metto nuda perché così, insomma, cerco di dare il là. Però, ripeto, se qualcuna non vuole rimanere completamente nuda, vuole tenersi una copertina sopra, è liberissima, ognuna deve sentirsi a suo agio e anche decidere di non fermarsi nella parte pratica è importante perché comunque bisogna anche essere molto rispettose del proprio sentire. Io apprezzo molto anche chi sa decidere di dire “no, io questa cosa qui non mi sento di farla e non la faccio”, è importante.
Perché la gente partecipa? Con cosa vogliono tornare a casa?
Io sono sincera, penso che la gente e molte persone si aspettino una cosa un po’ diversa da quella che in realtà faccio, cioè si aspettano di capire come provare a squirtare o, per chi già lo fa, di capire qualcosa di più rispetto a quello che avviene nel proprio corpo. Forse la parte più culturale, politica, sociale se l’aspettano di meno, però in realtà vedo che questo viaggio è quello che lascia di più. È successa la stessa cosa con me: io cerco sempre di trasmettere molto quello che ho ricevuto, se qualcosa mi ha impattato molto provo a trasmetterlo ad altre persone. Vedo che impatta molto, i feedback sono quelli tipo di “grazie, mi hai fatto cambiare la prospettiva su alcune cose”. Quindi magari arrivi con un’idea diversa, ma se son così tanti anni che continuo a fare workshop e ricevere feedback positivi, probabilmente è perché la gente qualcosa a casa si porta, alla fine.
Nella parte teorica aperta a tutt* quali sono le domande che fanno di più gli uomini e quali le donne?
Allora, in realtà devo dire che in queste situazioni la parte maschile è numericamente inferiore, anche nella parte teorica di solito, probabilmente anche per il taglio molto femminista che dò. Non lo so, anche se io cerco di essere molto inclusiva e quello che dico sempre è che il mio è un femminismo di tutto e tutti, non ci sono tante domande maschili. Semmai alcuni, dato che parlo di prostata, mi fanno la domanda su quali siano le corrispondenze rispetto a questo fenomeno con la prostata maschile, che ovviamente ci sono. Ad esempio, l’eiaculato prostatico femminile è molto simile all’eiaculato prostatico maschile. L’accesso alla prostata cosiddetta maschile avviene in maniera diretta, da dietro, mentre quella femminile diretta avviene da davanti, proprio perché c’è una membrana che separa la cavità vaginale da quella anale, che nell’altro caso non c’è. Invece per la componente femminile le domande che più mi fanno riguardano il discorso sulla pipì, perché negli ultimi 3 anni, in Italia, la maggior parte delle persone che si occupano di sessuologia ha deciso che l’eiaculato sostanzialmente è di base pipì annacquata. Io faccio sempre delle grandi battaglie su questo, perché un conto è dire che c’è una percentuale di urea all’interno di questo liquido, un altro è dire che è pipì. Ma non perché sarebbe un problema se fosse pipì, ma perché già negli anni passati, quando non si parlava di questa questione, a molte donne che andavano dal medico preoccupate di quello che le succedeva veniva diagnosticato come incontinenza urinaria. Ti prendi male, sono stati creati dei danni molto forti rispetto a quest’ignoranza diffusa sul tema da parte della scienza con la S maiuscola, anche intervenendo in maniera chirurgica, a volte. Quindi cerco di fare chiarezza su questo punto di vista, anche se, anche lì, la composizione chimica è ancora un work in progress. E poi ovviamente mi riportano un po’ quello che hai detto tu, chiedono se è reale quello che viene visibilizzato nel mainstream. Poi parliamo molto, è molto carino perché c’è sempre questa parte sul cercare di proteggere il materasso. Quindi le lenzuola in tela cerata, oppure io uso tipo traversine. Si va anche molto nei dettagli. Molte corrispondono alle domande che mi hai fatto tu, ovvero se è legato all’orgasmo, se è particolarmente piacevole. Oppure mi dicono che le è successa una cosa, mi chiedono se secondo me è eiaculazione, è squirting.. mi portano delle loro esperienze.
Secondo te chi partecipa con l’idea di imparare a squirtare lo fa per se stessa o per compiacere un partner?
Dipende da caso e caso. Io penso che non ci sia niente di male nel realizzare le fantasie, ma se ce la sentiamo addosso anche noi, se è una voglia che abbiamo. In realtà penso che oggi il motivo sia che se ne parla tantissimo, ovunque, tanto e male, a mio parere. Questo non vuol dire che io ne parli benissimo in maniera assoluta perché, ripeto, magari mi sbaglierò su un sacco di questioni, infatti il taglio che do io non è scientifico, anche se c’è un po’ di anatomia ovviamente. Io penso che ci sia la curiosità e che sia stata introdotta da riviste, siti porno, i vari tube. Comunque sì, c’è parecchio desiderio nella componente maschile di vedere visibilizzata questa cosa o di diventare dei grandi esperti nel far squirtare le donne, soprattutto. Ho sentito molte persone che si definiscono grandi esperti nel far squirtare le donne.
Oltre all’eiaculazione femminile parli anche di altre cose ovviamente, parli di piacere anale…
Sì, parlo anche molto di piacere anale, che è un’altra questione soggetta a stigma, tabù, ignoranza perpetrata, continua. Anche lì c’è tantissimo da fare. Le questioni che emergono di più sono quella del dolore, perché è ancora molto diffuso questo mito. Io ho iniziato a parlarne soprattutto perché ho fatto questa traduzione e introduzione a Guida al piacere anale per lei di Tristan Taormino edito Odoya, quindi poi ho abbinato anche un workshop perché vedevo che c’era bisogno di esplorare un po’ di più la questione. Come dice Tristan Taormino, è vero che siamo ancora tutte e tutti convinti che sia normale che un po’ di dolore ci sia. Poi magari dopo un po’ passa oppure no, ma per alcuni questa cosa qua fa male e non la vogliono fare. In realtà non c’è nessun motivo per cui il sesso anale debba far male. Magari non abbiamo l’approccio corretto all’ano, al retto. Non pensiamo a provare a rilassarci, andare per gradi, stimolarci piano piano, usare il lubrificante, una parte essenziale… ancora non è diventato il nostro miglior amico ma dovrebbe esserlo, anche perché l’ano non ha una lubrificazione naturale. Se sentiamo del bagnato è sudore o un po’ di mucosa. La saliva non basta perché è troppo poco e il tessuto è estremamente sensibile, si asciuga subito. E poi, come dico sempre, serve tanto amore, tanta cura, lentezza.
Che poi sono gli stessi problemi legati alla penetrazione vaginale dolorosa.
Però il retto, il canale anale e il canale rettale sono un tessuto ancora più delicato e soggetto a lacerazioni.
Purtroppo penso ci siano anche un sacco di donne che si fanno andare bene il dolore vaginale durante la penetrazione.
Purtroppo sì, nasciamo con quest’idea. Soprattutto sul sesso anale, io porto sempre l’esempio del grande danno fatto anche dal porno mainstream dove la scena tipica di sesso anale che per anni abbiamo visto è ovviamente una scena di sesso etero in cui arriva lui già col pene bello in tiro, lei all’inizio è riluttante, non ha tanta voglia, cede più che altro per fare un favore a lui, lui arriva con una sorta di opera di sfondamento, senza nessun riscaldamento, e poi ovviamente finisce con la venuta di lui, lei non pervenuta, chi se ne frega. C’è sempre stata anche l’idea che sia qualcosa così, pronti via. In realtà, anche e soprattutto nel porno, c’è una preparazione dell’ano, anche molto medicalizzata in quei casi, con l’ausilio di varie siringhine, dilatazioni. Però non lo fanno vedere. Da qui capisci perché è importante anche lavorare sul demitizzare quanto propone la pornografia mainstream. E l’altra questione che emerge tanto è la paura che a forza di fare sesso anale crolli tutto, nel senso che ci sia un prolasso anale oppure ci siano delle perdite varie. In realtà è il contrario, se si ha cura della propria sessualità anale, gli sfinteri, così come il pavimento pelvico, sono tutti dei muscoli che entrano in gioco e che noi possiamo anche imparare a far lavorare e rilassare, e durante un rapporto, una penetrazione anale, questi muscoli entrano in gioco e lavorano ed è una sorta di allenamento. Poi, come ogni cosa, come l’alimentazione, se non siamo rispettosi del nostro corpo tutto può succedere.
Prossimi progetti? Libri?
Adesso mi sono presa una pausa estiva rispetto a queste cose, perché per me è importante prendermi del tempo e in questo momento ho voglia di partecipare, forse più da uditrice, ad altri workshop. Ho dei progetti per l’autunno o comunque per il prossimo anno, inteso come anno accademico da settembre/ottobre, post-estate. Adesso sto traducendo, sempre per Odoya, Guida al piacere anale per lui. Ho la voglia di lavorare un po’ sul discorso della cosiddetta prostata maschile, partecipazioni maggiori più di rilievo in festival europei riguardanti la pornografia indipendente, la post-pornografia. In cantiere ho altre partecipazioni, come quella in qualità di attrice di progetti indipendenti post-pornografici, ad esempio quello con Morgana Meyer e Lucio Massa, Female touch, per il quale spero di fare una grande festa anche a Torino e di presentarlo. Ho una piccola parte anche in questo, ma dentro c’è tanta gente, c’è tutto l’ambiente queer romano, è una cosa molto divertente, non mi dispiacerebbe continuare un po’ su questo percorso. E poi altre cose che voglio approfondire, e sulle quali voglio creare un workshop, sono l’eco-sex – l’ecosessualità – e poi, non so, in realtà ho sempre qualcosa che mi frulla in testa. Dipende anche molto dalle proposte che mi arrivano, vediamo. Per ora ho bisogno anch’io di prendermi qualche mese, che poi non so se me lo sto prendendo veramente, però ho messo uno stop ai workshop e ai festival per qualche mese.
Abbiamo finito.
Sono stata super prolissa come sempre. Sicuramente ho parlato veloce come sempre.
C’è qualcosa che vuoi aggiungere?
Non mi viene in mente nulla. Grazie, mi è piaciuta l’intervista.
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Come si fa a non volerle bene??
Da quando abbiamo realizzato l’intervistata è uscita una sua intervista sul numero di FQ Millennium dedicato al mondo del porno e un’altra realizzata da Vice per la serie La prima volta; ha partecipato al Porn Film Festival Berlin come curatrice del workshop Ejaculation Workshop for Cvnts nonché in qualità di una delle protagoniste del progetto cinematografico Female Ejaculation & other Mysteries of the Universe.